giovedì 31 dicembre 2009

I roccocò


Oltre agli struffoli, ai mustaccioli, ai susamielli e quant'altro, tra i dolci tipici del natale napoletano troviamo i roccocò: un dolce adatto a chi ha denti forti e sani! Come già vi ho descritto nelle altre ricette della tradizione, presenti nel mio blog, anche questo dolce trae le sue origini dalle variegate culture che si sono avvicendate nel corso dei secoli, in questo caso l'influenza è stata francese e spagnola. La parola è  appunto di origine dal francese: "rocaille" per la barocca e tondeggiante forma che ricorda una conchiglia. Il dolce cotto ha una consistenza tale da assomigliare ad una roccia, da qui l'etimologia della parola "Roccia Artificiale", le mandorle bianche poi danno l'idea del marmo. Questi biscotti sono molto aromatici, l'odore che se ne diffonde in cottura nelle case e lungo le strade nel periodo natalizio è inconfondibile e trasporta in un attimo nella magia del Natale.


Ingredienti
1/5 Kg di farina
1/2 Kg di zucchero
cacao a piacere
 (serve a dare il classico colore scuro al biscotto)
una bustina di cannella
una bustina di vanillina
un pizzico di sale
3 o 4 bucce di mandarini tritate
una buccia di arancia grattata
300 gr di mandorle sgusciate ed a pezzi grossi (meglio ancora se tagliate a metà)
3 gr di ammoniaca (oppure 1 cucchiaino di lievito)
1/4 di acqua circa (la consistenza dell'impasto deve essere come quella per i cantucci)
tuorlo d'uovo


Amalgamate tutti gli ingredienti (tranne il tuorlo d'uovo) aggiungendo l'ammoniaca in ultimo e poi formate tanti taralli che sistemerete sulla placca del forno (unta con la sugna oppure rivestita di carta da forno) un pò distanziati l'uno dall'altro. 

Battete leggermente il tuorlo d'uovo e stendetelo per bene, aiutandovi con le mani, sui roccocò. Infornate a circa 180° per 20/30 min.
Se volete conservarli per tanto tempo, una volta cotti rimetteteli in forno a 50° per almeno 1 ora.
Il roccocò, di estrema bontà e durezza può essere inzuppato nel marsala all'uovo, nello spumante o nei vini dolci da pasto.
Aforisma di proverbio napoletano:" 'e voglia 'e mettere rum, chi nasce strunz' nun pò addiventà babbà" (Chi nasce tondo non può morire quadrato).

mercoledì 30 dicembre 2009

Gli struffoli della nonna


Non velocissimo da preparare ma molto semplice da realizzare, è un tipico dolce natalizio napoletano nato, credo  nel XVII sec., nelle cucine dei monasteri femminili delle monache della Croce di Lucca. Le monache conducevano una chiesa ed un Conservatorio per orfane e povere bisognose. Esse divennero famose, oltre che per la loro opera, anche per gli squisiti dolci natalizi e pasquali che erano solite offrire e vendere ai visitatori per il sostentamento delle loro favorite.
Questo antichissimo dolce, il cui nome sembra che provenga dal greco "strongulous" = "corpo tondeggiante", a Napoli viene preparato sempre in abbondanza in quanto vi è l'usanza di regalarne vassoi ad amici e parenti.
Sentendomi particolarmente buona durante queste sante feste, vi farò un grosso regalo: pur essendo molto gelosa, vi svelerò questa ricetta di famiglia, giunta ormai alla terza generazione, ricca di trucchi e particolari per una realizzazione del dolce che spero piacerà anche a chi non vi è avvezzo.
Ingredienti
3 uova intere più un rosso
1/2 dl di olio evo
1 limone
sale
farina che assorbe (circa 400 gr.)
250 gr di miele (circa)
4 - 5 cucchiai di zucchero
confetti: diavoletti, cannellini, argentati
frutta candita: cedro, arancia e cocozzata (parola napoletana che deriva dal latino e che vuol dire zucca)
Nella ricetta degli struffoli NON si usa assolutamente lievito o bicarbonato (ne cambierebbe il sapore e la consistenza), .... so che alcuni lo fanno per rendere più morbide le palline.... ma credetemi: non ce n' è bisogno!! Inoltre la ricetta originale non lo prevede.


Procedimento
Impastate la farina con le uova, l'olio, la buccia grattata del limone, un pizzico di sale e la farina che occorre ad ottenere un panetto sodo che si stacca bene dalle mani. 

Lasciate riposare l'impasto una mezz'oretta e poi ricavatene dei cordoncini più sottili del vostro dito mignolo e tagliate e tocchettini piccoli.

 Mi raccomando fateli piccoli perchè poi gonfieranno in cottura. Friggeteli, pochi per volta, in un mix di olio di arachidi ed olio evo (meglio sarebbe utilizzare tutto olio evo). 

L'olio deve essere ben caldo e profondo, gli struffoli saranno cotti quando assumeranno un bel colore dorato. Tirateli su con la schiumarola e metteteli a scolare su carta assorbente.

 Una volta freddi, potete conservarli e continuare la preparazione il giorno dopo oppure procedere. Preparate il vassoio degli struffoli in questo modo: tagliate a metà il limone che avevate in precedenza grattato, strofinatelo sul vassoio

 e lasciatelo al centro di esso. In una casseruola alta e capiente scaldate il miele con un cucchiaio di acqua e 3 - 4 di zucchero fino a quando vedrete produrre della schiuma (attenzione a non esagerare ed a non far bruciare il miele altrimenti diventerà amaro). 

Versate nel miele gli struffoli e girateli delicatamente con un cucchiaio per alcuni minuti sul fuoco basso fino a far ben insaporire il tutto.

 Prelevate con un grosso cucchiaio gli struffoli dalla pentola e versateli sul vassoio lasciando il limone al centro ciò vi permetterà di ottenere la classica forma col buco al centro ed un leggerissimo retrogusto di limone che darà ai vostri struffoli un sapore unico (credetemi).

 A tale scopo, prima che raffreddino strofinate le vostre mani sempre con lo stesso limone

 e comprimete leggermente gli struffoli per dare forma e sapore al tutto. Cospargete ora il tutto con i confetti: 'e riavulill (i diavoletti: piccoli confettini multicolore), i cannellini (a Napoli chiamiamo così quei confetti bianchi che hanno nell'anima un pò di cannella) e quelli argentati (dovreste aggiungere anche piccoli pezzi di frutta candita ma a noi non piacciono perciò non li vedrete nella foto). 

Quando il tutto sarà freddo eliminate il mezzo limone dal centro e...... voilà!! Aspettate il giorno dopo per mangiarli..... se ce la fate!
Aforisma di proverbio napoletano: "Cu n'uocchio guarda a jatta e cu n'ate frje 'o pesce" (Un occhio al gatto e uno al pesce, quando friggi) 
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