venerdì 27 novembre 2009

Sasicce e friariell' (Salsicce e friarielli)

I friarielli: storia e poesia di un ortaggio.
Ai tempi della povertà e quindi della fame, le napoletane si affollavano sotto le cucine dei nobli, dove i "monsù" (cuochi francesi) erano soliti "elargire" alla plebe gli avanzi (a volte addirittura i rifiuti) della cucina che generalmente consitevano nelle interiora di animali: in francese "les entrailles". Con questo termine, divenuto in napoletano "zandraglie" venivano chiamate le popolane che si affollavano ed azzuffavano nel tentativo di accaparrarsi qualsiasi cosa pur di sfamare la famiglia. I napoletani, non potendo ricorrere sempre a questo "stratagemma" per sfamarsi, cominciarono ad interessarsi ai prodotti della terra, tra cui: le cime di rapa (broccoletti). Detti broccoletti erano diffusi in quasi tutta l'Italia, ma in particolar modo al sud dove denivano cotti nelle maniere più disparate. Soltanto a Napoli, però, i broccoletti venivano fritti: una trovata geniale e creativa in quanto il popolo, per rendere l'insignificante ortaggio più calorico ed energetico, pensò di friggerlo in una consistente porzione di "nzogna" (sugna: strutto). Ciò detto, vi pregherei di non cercare di italianizzare il nome dell'ortaggio chiamandoli "friggerelli" o "friggitelli" o altro... e di non confonderli con i peperoncini verdi che, pur essendo anch'essi fritti e molto buoni da mangiare, sono tutt'altra cosa. Eppure capita non di rado che chiedendo dei friarielli, in ristoranti situati anche di poco fuori Napoli, vi presentino, appunto, dei peperoncini verdi. I friarielli sono dunque un piatto nobile dalle radici proletarie, così fortemente napoletani che trovarli fuori città è quasi impossibile.La radice del nome "friarielli" è greca e, durante la dominazione francese il termine si è rafforzato: i francesi hanno la frittura in tale considerazione che buongustaio si dice "frison".

L'acquisto: badate che il fruttivendolo non vi dia friarielli troppo fioriti. I fiorellini non devono essere aperti e si devono appena appena vedere. Le foglie non devono essere troppo grandi, giallognole e mosce.

La mondatura: non è cosa facile da spiegare in quanto è un procedimento che i napoletani apprendono di generazione in generazione osservando l'operato degli anziani: io l'ho appreso osservando mia madre e lei da mia nonna. Come "lume" posso dirvi che dovete eliminare tutte le foglie grandi e brutte ed i gambi troppo grossi e stopposi; bisogna tenere, invece, le preziosissime cimette (sono quelle che danno sapore al piatto) , le foglie tenere e la parte più tenera del gambo (quindi poco..... ma non troppo poco!!).

Cottura: lo dice la parola: "friariello" (da "frjere"  cioè "friggere"), ma non è così semplice come sembra! I napoletani sembrano "nati per soffriggere e/o friggere", ma riuscire "nell'impresa" di tramutare un broccolo in frieriello non è da tutti: il risultato dovrà essere un sapore dal retrogusto amarognolo ma non troppo. Lo so che vi sembra eccessivo ciò che dico ma la "genialità" in cucina sta nelle cose semplici. 
I friarielli si "sposano" bene con i latticini, ma la "morte loro" è  con le salsicce. E' proprio questo il piatto che vado a proporvi.
Procedimento
Mettete le salsicce in padella con l'olio e bucatele con la forchetta.

Fatele rosolare a fuoco vivo girandole di tanto in tanto ed aggiungendo vino bianco nel caso in cui il sugo, durante questa fase, dovesse asciugare troppo. Una volta rosolate, aggiungete un pò d'acqua e proseguite nella cottura. In un'altra padella soffriggete in abbondante olio evo (che oggi ha degnamente sostituito lo strutto), l'aglio ed il peperoncino. Aggiungete i friarielli precedentemente mondati (come descritto più sopra) e lavati, senza sgocciolarli troppo.

Chiudete col coperchio, ed aiutandovi con esso, mantenete nella padella la verdura che altrimenti fuoriuscirebbe dalla stessa. 

Poco alla volta il volume della verdura ridurrà e riuscirete a chiudere per bene la padella col suo coperchio; girateli spesso affinchè non attacchino al fondo della padella: diventerebbero troppo amari! Quando i friarielli si saranno ben ridotti, ed i gambi saranno morbidi ma NON disfatti, saranno pronti. A cottura quasi ultimata, scoperchiate ed aggiustate di sale. Uniteli alla salsiccia negli ultimi dieci minuti di cottura delle stesse.


I friarielli sono ottimi sia caldi che freddi e se li metterete in mezzo al pane o dentro una focaccia..... saranno una goduria!!


Note: dato che i friarielli sono un pochino amarognoli, quando voglio farli mangiare anche ai bambini, li passo un attimo nell'acqua bollente salata prima di friggerli in padella......... ma un tradizionalista non lo farebbe MAI!!
Aforisma di proverbio napoletano: "Datte da fà: 'a jurnata è 'nu muòrzo". (Datti da fare, la giornata è un boccone).

giovedì 26 novembre 2009

Focaccia con la scarola e focaccia con le cipolle


Della pizza con la scarola vi ho già parlato in una ricetta precedente ('e pizzell ca' scarola). Oggi vi propongo l'impasto per la focaccia della mia amica Anna: anche se per me la focaccia è altra cosa, devo ammettere che questa ricetta mi lascia stupita per la sofficità del risultato e per il fatto che essa mantiene la sua morbidezza per almeno 3 - 4 giorni. Per la preparazione della scarola cliccate qui. Per la focaccia ho apportato qualche piccola modifica all'originale tenendo conto anche di quanto scritto da "chiccuccia" sul suo album di alf in quanto, a sua volta aveva provato a farla e, ne era rimasta entusiasta! (Chiccù ne approfitto per salutarVi - plurale maestatis - entrambi: te ed il tuo gadduzzo).
Ingredienti
800 gr. di farina "0"
200 gr. di farina manitoba
(ma potete anche usare solo farina "00")
un cubetto di lievito
un bicchiere scarso di olio evo
600/700 ml di acqua
1 cucchiaio raso di sale
1 cucchiaio scarso di zucchero.

Procedimento
In una ciotola capiente sciogliete il lievito e lo zucchero con parte dell'acqua calda ma NON bollente, aggiungete la farina e l'acqua alternandole, a metà "dell'opera" aggiungete anche il sale e l'olio, continuate sino ad esaurire tutta la farina e l'acqua: dovendo ottenere un impasto bello morbido, se ce ne fosse bisogno aggiungete ancora acqua. Lasciate lievitare al caldo l'impasto per almeno 1 ora. Oliate una teglia, adatta alla focaccia, eliminando l'olio in eccesso con un foglio tipo scottex. Con le mani unte e/o bagnate, staccate un pezzo di impasto sufficiente a coprire la teglia (stendetela con le mani direttamente nella teglia: non troppo sottile, ma neppure troppo spessa perchè crescerà) e, lasciando i bordi liberi di 1 - 2 cm., riempite con la scarola. Sigillate bene per non far fuoriuscire la verdura e non preoccupatevi se i pezzi che prelevate per la stesura sono troppo grandi o troppo piccoli: questa pasta si presta ad essere modellata come la plastilina.Ungete la superficie della focaccia e bucherellatela con i rebbi della forchetta. Infornate a 200° (o poco più) per 5 min. nella parte bassa del forno e poi altri 20 min. nella parte centrale. Quando la vedrete bella dorata anche di sotto sarà pronta.

Appena fuori dal forno, avvolgete la focaccia con la sua teglia in un canovaccio umido per almeno 20 minuti.

Focaccia con la cipolla
 Per la cottura della cipolla Anna mi ha suggerito di fare così: pelate e tagliate a fettine 1 Kg di cipolle bianche. In una casseruola fate disfare in mezzo bicchiere di olio un vasetto di acciughe (90 gr.), aggiungete 250 gr di olive nere, poco pelato (giusto per dare colore) e tre cucchiai abbondanti di capperi dissalati. Fate insaporire, aggiungete le cipolle e, sempre mescolando, aggiungete un pò di sale e pepe. Fate appassire, aggiungete i pelati, schiacciateli con la forchetta e fate cuocere a fuoco lento girando di tanto in tanto (se fosse necessario aggiungete acqua). Aggiungete a piacere qualche foglia di basilico. Una volta raffreddate le cipolle, riempite la focaccia avendo cura di inserire la verdura senza troppo liquido.



martedì 24 novembre 2009

Frittata di patate


Ho due versioni per questa ricetta: al forno e fritta.
Ingredienti
per la frittata al forno:
1 Kg di patate (circa 6 patate medie)

potete usare quelle avanzate già cotte oppure crude e tagliate a pezzettini (come per la pasta e patate) o fettine non troppo sottili
8 uova
2 - 3 cucchiaini di sale
2 cucchiai circa di farina
spezie (quelle che amate di più)
due belle manciate di parmigiano
pepe q.b.


Procedimento
in una ciotola battete le uova con il sale, il pepe, la farina (attenzione ai grumi), le spezie (prezzemolo, rosmarino, timo....) ed il pamigiano. Unite anche le patate. Ungete o foderate con la carta apposita una teglia e versatevi il composto, spolverizzate con ABBONDANTE  parmigiano e cuocete in forno a 180° per circa 30 min (deve essere bella dorata). Se volete servirla per un buffet non fatela troppo alta, lasciate che intiepidisca, tagliatela a quadrotti ed infilzate ogni quadratino con uno stuzzicadenti.


Frittata di patate 
(simile alla tortillas spagnola)
Ingredienti
1 Kg di patate
4 uova

1,5 bicchieri di latte
parmigiano e pecorino
sale e pepe q.b.


Procedimento
Tagliate le patate in piccoli pezzi e metteteli in un pentolino con il latte, un pizzico di sale, una bella manciata di parmigiano e pecorino, il pepe, un filino di olio e basilico. Fate cuocere coperto per 10 min., togliete il coperchio e fate asciugare il tutto, a fuoco vivo, girando spesso con il cucchiaio di legno (se asciuga, ma non è ancora cotto aggiungete ancora latte). Battete le uova con il sale e MOLTO formaggio ed amalgamate il composto con le patate. Cospargete d'olio il fondo di una padella (o di una tortiera), quando sarà BEN caldo versateci il composto e fate friggere per 2 - 3 minuti, abbassate la fiamma ma continuate a friggere. Con l'aiuto di una forchetta sollevate i bordi, controllate se è "bionda" e giratela per cuocerla anche dall'altro lato. Controllate che sia cotta anche al centro.


Proverbio napoletano : "Cagnano e' musicanti, ma a museca nun cagna mai" (Cambiano i musici ma la musica non cambia mai).

Genovese


Cominciamo subito col dire che a Napoli per "Genovese" si intende "Il Sugo alla Genovese" e cioè una salsa ottenuta cuocendo a fuoco lentissimo cipolle e carne. Come forse già saprete il Re della cucina partenopea è, appunto, sua maestà il ragù, la sua Regina è invece la Genovese. Questo è un piatto di sicuro successo che piace generalmente a tutti: dai gourmet a chi ama la tradizione, dai bambini a gli adulti......... anche chi non ama la cipolla ne mangia in quantità (tra questi mio figlio!!). Essendo un piatto della tradizione napoletana, spesso mi si chiede l'origine dell'aggettivo "genovese": introdurrò quindi con un pò di storia sull'origine del piatto e sulla scelta degli ingredienti, se ciò vi annoiasse passate subito alla lettura degli ingredienti.
Di ipotesi e supposizioni sull'origine del nome di questo piatto se ne sono fatte tante, per non annoiarvi ve ne riporterò soltanto un paio. Si parla di ristoratori genovesi che nel porto di Napoli, nel periodo aragonese (XV secolo), cuocevano carne con la cipolla a cui i napoletani avrebbero poi aggiunto la pasta. Ma di questa preparazione non c'è traccia seria o comunque diffusa in Liguria. Nulla a che vedere quindi con la città della Lanterna, questo tipico piatto della tradizione napoletana, viene menzionato da Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino, nobile napoletano con l'hobby della cucina, nella sua opera "Cucina teorico pratica" del 1837; ma se ne parla anche  nel 1832 ne la "Cucina Napoletana" (opera di Vincenzo Corrado)............ Quale che sia la verità non è dato sapere. Probabilmente l'immensa e variegata tradizione culinaria napoletana divisa tra i fasti della cucina aristocratica e quella più semplice e genuina delle classi popolari, abbinata alla creatività del popolo napoletano, ha fatto sì che sia stata accumunata la "nobile" carne alla "povera" cipolla dando luogo a questo succulento piatto che (parafrasando Luciano De Crescenzo) " Dio solo sa perchè, pur essendo un piatto napoletano, si chiama genovese".
Vi dico subito che non esiste una ricetta "precisa" per la realizzazione di questo piatto (come peraltro avviene per tutti i piatti della tradizione napoletana: ragù, pastiera.....) in quanto ogni famiglia napoletana ha un suo "segreto": il napoletano verace è poco propenso a restare imbrigliato negli schemi senza dare sfogo ad un minimo di fantasia personale. Le "variabili" consistono essenzialmente sul quantitativo di cipolla utilizzato, la scelta della carne, l'utilizzo dell'olio o della sugna (strutto), il pomodoro, il vino, aromi, lardo, ventresca e similari. Per non "perderci" nella ricetta vi dirò che gli ingredienti fondamentali sono: la cipolla, la carne e la pasta.
La cipolla: considerata l'enorme quantità di questo ingrediente nella ricetta, capirete bene l'importanza che assume la qualità della stessa per la realizzazione del piatto. Vi raccomando di NON utilizzare quella bianca e men che meno quella fresca. Fate cadere la scelta su quella dorata: il non plus ultra sarebbe quella Ramata di Montoro (AV).
La carne: come già vi ho raccontato, Napoli non ha una grande tradizione di carne in quanto ai "tempi della fame" era troppo poca e difficile da trovare. Per questo i piatti più saporiti come il ragù e la genovese si preparavano con le parti meno nobili dell'animale, ma i nobili (i ricchi) usavano il primo taglio di Annecchia (giovenca). Il pezzo più usato, quindi,  è il "lacierto" (lacerto), conosciuto ai più col nome di "girello" è una carne di II categoria; al secondo posto c'è la "cularda" (colarda), è una carne di I taglio, conosciuta con i nomi: scamone, rosa, culata, culaccio... (ogni regione ha un suo nome); infine c'è  il "gammunciello" (gamboncello), è una carne di III categoria conosciuta come muscolo (di manzo) della zampa anteriore o posteriore ( che è più grande) in ambo i casi è situato nella zona superiore della gamba ed ha molte fibre nervose e tendini. Se si userà  questo ultimo tipo di taglio (che è quello da me preferito) il sugo sarà molto più saporito e cremoso, se invece si useranno le parti più pregiate del quarto posteriore si otterrà della carne migliore da mangiare ma a scapito del sugo che sarà meno saporito.
La pasta: la tradizione vuole l'uso degli "ziti" rigorosamente spezzati a mano in quanto i pezzetti di pasta che cadono nella pentola, durante questa operazione, contribuiscono ad amalgamare ancora di più tutto il piatto.  Gli "ziti" anticamente "zite", o "maccheroni della zita" perchè di solito venivano imbanditi per il pranzo di nozze della sposa, a Napoli "zita". Ancora più grossi e perciò più pregiati gli "zitoni" detti 'da matrimonio'. In ogni caso utilizzate la pasta doppia: penne, candele, maltagliati, mezzani, paccheri..... NON usate pasta fresca!! La mia scelta, questa volta, è caduta sui "paccheri" che un tempo era la pasta dei poveri: causa la grandezza della stessa, ne bastavano pochi per riempire un piatto. "Paccheri" in napoletano vuol dire schiaffoni, come un colpo ben assestato a mano aperta evocato anche dal rumore che fanno quando vengono mischiati nella zuppiera pieni di salsa. L'etimologia di questa parola si fa risalire al greco pan = tutto e keir = mano per indicare appunto il colpo pieno e rumoroso assstato con tutta la mano aperta.
Vi riporto qui di seguito le due ricette di casa mia. La prima ho ragione di credere che sia di mia nonna in quanto l'ho trovata nel libro di cucina ereditato da mia madre che era solita attenersi alle ricette della nonna; la seconda è una mia versione (spero "degna" della prima) che ha la pretesa di coniugare l'antico al moderno.
La ricetta di mammà
Ingredienti per 4 persone
1/2 Kg di carne (leggi la premessa)
1/2 Kg di cipolle (leggi la premessa)
un rametto di sedano, carota, prezzemolo e sale q.b.
1 pomodorino
("profanando" la ricetta della nonna, generalmente aggiungo anche una scatoletta di pancetta affumicata)


Procedimento
Affettate grossolanamente le cipolle e mettetele a bagno 20 minuti in acqua e sale. In una pentola, possibilmente di coccio, fate rosolare la carne (e, se volete, la pancetta) con due misurini (o poco più) di olio in modo tale che ceda un pò dei suoi umori. Aggiungere le cipolle scolate, la carota, il pomodorino, il sedano ed il prezzemolo tritati. 

Coprite e lasciate cuocere a fuoco bassissimo: la genovese richiede molto tempo, dedizione e passione.... il sugo deve "peppiare" (alcune parole napoletane sono difficili da tradurre, diciamo che deve sobbollire) per molte ore (circa 3), mescolando di tanto in tanto fino a quando la carne trasferisce tutto il suo umore e sentimento alla salsa. Solo l'esperienza aiuterà a capire il momento giusto: di sicuro la carne risultarà "sfruttata" e le cipolle diventeranno un sugo cremoso, vellutato e dal colore marroncino-ambrato. Dopo le tre ore di cottura, eventualmente non si fosse raggiunto il risultato sperato, è possibile togliere la carne e far restringere il sugo al punto giusto. Condite con questa salsa la pasta prescelta (vedi premessa) e spolverate abbondantemente, e possibilmente, con caciocavallo o pecorino. La carne andrà servita a parte, come seconda portata, ricoperta dal sugo. (Avendo soffritto prima la carne e poi aggiunto le verdure, otterrete una carne morbida e saporita da mangiare come secondo piatto; nella seconda ricetta riportata più in basso, invece, cuocendo tutti gli ingredienti insieme la salsa sarà più gustosa).


Seconda ricetta
Ingredienti
1 Kg di carne di I taglio (intero e legato)
2 coste grandi di sedano
2 carote
1 Kg di cipolle
50 gr di prosciutto crudo (la parte finale del salume, i cosiddetti "resti di banco")
50 gr di pancetta
4 pomodori
1 bicchiere di vino rosso
1 bicchiere di olio
sale q.b.


Procedimento
In una pentola alta e capiente adagiate la carne e tutti gli ingredienti (le verdure tagliate grossolanamente), coprite e fate cuocere a fuoco lento per 1 ora. Rimuovete temporaneamente la carne e restringete il sugo pestando con la forchetta le verdure.
Servite la pasta cospargendo con molto parmigiano.


Note: nei miei ricordi di bambina la pasta veniva condita col sugo in una zuppiera da cui ognuno attingeva a piacere, si aggiungeva poi altro formaggio e/o sugo (servito con l'apposta salsiera): un rituale magico, tutto napoletano, che univa e rassicurava tutta la famiglia (un piatto da consumare, quindi, sempre con le persone giuste). Una cosa che a volte faccio, ma che un tradizionalista NON farebbe mai, è quella di frullare o passare le cipolle a cottura avvenuta: ciò rende il tutto più cremoso e vellutato (oltre che gradevole e fuorviante a chi non ama la cipolla) ma sicuramente meno casereccio il piatto.

Proverbio napoletano: "Addò magnano ruie, ponno magnià pure tre". (Dove mangiano due possono mangiare anche tre).

Girelle di pancarrè


Un antipasto veloce, di sicuro effetto che piacerà a tutti. Comprate del pane per tramezzini, schiacciatelo leggermente col matterello, spalmate e farcite con creme e salumi di vostro gradimento. Arrotolate tutto cominciando dal lato corto, avvolgete nella pellicola come fosse una caramella e mettete in frigo per almeno un paio d'ore. Liberate i "salsicciotti" dalla pellicola, tagliateli allo spessore di almeno 1 cm. e sistemate le girelle in bella mostra su di un vassoio.L'operazione di taglio è la cosa più "difficile" da fare, occorre farlo con delicatezza (se possedete un'affettatrice o un coltello elettrico la riuscita sarà assicurata).
Note: per il ripieno ho utilizzato philadelphia e salmone, ma potete sbizzarrirvi come più vi piace: tutti i formaggi spalmabili, maionese, burro, patè.... Per la farcia: salame, prosciutto, speck.......

Proverbio napoletano: "A chi te dice e fatte 'ell'ate nun dicere e fatte tuoi" (Non dire i fatti tuoi a chi dice quelli degli altri).

Cannoncini tricolore

Quando abbiamo voglia di un secondo ed un contorno veloce ma buono, non dobbiamo ricorrere per forza ai salumi, procuratevi questi
ingredienti:
fettine da carpaccio
carote
scamorza affumicata
spinaci (magari una busta pronta)
rosmarino

Procedimento
su ogni fettina di carpaccio (potete usare anche fettine sottili battute) adagiate una foglia di spinaci o bietola, un bastincino di carota ed uno di scamorza 

ed arrotolate dal  lato corto. 

Scaldate un filo di olio in padella con un aglio in camicia leggermente schiacciato ed un bel rametto di rosmarino, 

aggiungete i cannoncini e cuoceteli una decina di minuti aggiustando di sale. 


Eliminate la carne dalla pentola e tenetela in  caldo.

Gettate gli spinaci, senza sgocciolarli troppo, nella stessa padella della carne e lasciateli saltare qualche minuto. Servite i cannoncini cospargendo gli spinaci sugli stessi.

Proverbio napoletano: "Meglio pane e cepolle a' casa soja, ca galline e cunfiette a' casa 'e ll'ate". (Meglio pane e cipolla a casa propria che galline e confetti in casa altrui).
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